Salvatore Di Giacomo nacque a Napoli il 12 marzo 1860. Manifestò precocemente il proprio interesse per la scrittura, fondando negli anni della scuola la rivista «Il Liceo». Si iscrisse a Medicina, per seguire le orme del padre Francesco Saverio, ma abbandonò la facoltà e si dedicò al giornalismo. Martino Cafiero, firma importante della stampa di quegli anni, gli pubblicò sul «Corriere del Mattino» una serie di racconti di ambientazione fantastica (raccolti nel volume Pipa e boccale del 1893 ). Conobbe i due grandi giornalisti Eduardo Scarfoglio e Matilde Serao, e grazie a loro collaborò con quotidiani a larga diffusione, il «Corriere di Roma» e il «Corriere di Napoli». Si occupò principalmente di cronaca giudiziaria; ma quel lavoro non gli piaceva, perché mal sopportava il ritmo frenetico delle redazioni, e lo abbandonò definitivamente nel 1896, preferendogli il mestiere di bibliotecario. A quell' epoca Di Giacomo era già celebre nell' ambiente letterario partenopeo, apprezzato per le sue poesie (aveva pubblicato i Sonetti nel 1884, 'O Fùnneco verde nel 1885, A San Francisco nel 1895; del 1898 è la raccolta più famosa, Ariette e sunette) e le canzoni (Era de maggio, Oilì oilà e Marechiare del 1885 , Luna nova del 1887, 'E spingole frangese e Lariulà del 1888, Catarì del 1892 e Palomma 'e notte del 1907). Scrisse anche novellle (Rosa Bellavita, 1888; Nella vita, 1903) e drammi teatrali di stampo verista ('O mese mariano, 1900; Assunta Spina, 1909), nei quali ritraeva il popolo minuto e l'ambiente povero dei vicoli, che da giornalista aveva imparato a conoscere molto bene. Amava moltissimo la storia della sua città, a cui dedicò numerosi saggi: Cronaca del teatro San Carlino del 1891, Napoli figure e paesi del 1909, Luci e ombre napoletane del 1914.
Fondamentale fu l'incontro con Benedetto Croce, il più autorevole filosofo e critico del tempo: fu lui a scrivere nel 1903 un saggio nel quale Di Giacomo veniva indicato come un grande poeta italiano, rifiutando il pregiudizio secondo cui la poesia dialettale è un genere minore, non degno di attenzione. Sempre Croce curò l'edizione completa dei suoi versi nel 1907; a quel punto critici affermati si occuparono di Di Giacomo, individuando in lui una delle voci più alte della lirica italiana. Dopo un lungo fidanzamento, il poeta sposò nel 1916 Elisa Avigliano, più giovane di lui di circa vent'anni. Dedicatosi quasi esclusivamente al lavoro di bibliotecario, divenne direttore della Lucchesi Palli, sezione teatrale della biblioteca Nazionale di Napoli. Del 1916 è anche l'ultima bellissima raccolta di nuovi versi, Canzone e ariette nove. Da quel momento in poi, anche a causa di una lunga depressione, si allontanò dalle cose che più amava e diradò drasticamente la produzione letteraria. Nel 1929 fu nominato Accademico d'Italia. Morì il 5 aprile del 1934.
Fondamentale fu l'incontro con Benedetto Croce, il più autorevole filosofo e critico del tempo: fu lui a scrivere nel 1903 un saggio nel quale Di Giacomo veniva indicato come un grande poeta italiano, rifiutando il pregiudizio secondo cui la poesia dialettale è un genere minore, non degno di attenzione. Sempre Croce curò l'edizione completa dei suoi versi nel 1907; a quel punto critici affermati si occuparono di Di Giacomo, individuando in lui una delle voci più alte della lirica italiana. Dopo un lungo fidanzamento, il poeta sposò nel 1916 Elisa Avigliano, più giovane di lui di circa vent'anni. Dedicatosi quasi esclusivamente al lavoro di bibliotecario, divenne direttore della Lucchesi Palli, sezione teatrale della biblioteca Nazionale di Napoli. Del 1916 è anche l'ultima bellissima raccolta di nuovi versi, Canzone e ariette nove. Da quel momento in poi, anche a causa di una lunga depressione, si allontanò dalle cose che più amava e diradò drasticamente la produzione letteraria. Nel 1929 fu nominato Accademico d'Italia. Morì il 5 aprile del 1934.
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